Sabato 25 aprile è andato in scena il monologo, scritto da Ariele Vincenti e Simone Cristicchi, che vede il primo come protagonista sul palco della sala teatro di Castel Gandolfo.
Nella cornice intima e suggestiva della Sala Toni Ucci nel borgo dei Castelli Romani, Ariele Vincenti ha indossato i panni di Angelino, un simpatico pastore ciociaro, per raccontare attraverso i suoi occhi i terribili giorni successivi allo sfondamento da parte degli Alleati della linea di Montecassino, ultimo baluardo tedesco. Apparentemente l’Italia era libera, la guerra era finita, ma non per le popolazioni di gran parte del basso Lazio. “Aspettavamo ji salvatori… so’ arrivati ji diavoli!”. Le truppe dei soldati marocchini, aggregati ai francesi, sfondano la linea Gustav (che divideva in due l’Italia, passando per Cassino) fortemente motivati ad espugnare la rocciosa difesa tedesca per poi esercitare il diritto di preda sulla popolazione civile, ottenuto come ricompensa dal generale Alphonse Pierre Juin. Nelle successive 50 ore i cosiddetti Goumiers hanno quindi carta bianca per fare razzia di tutto, arrivando a violentare le donne. Tra le migliaia di “marocchinate” c’è anche la giovane Silvina, futura sposa del protagonista narrante.
E’ questa l’altra faccia della Liberazione, denunciata in “Marocchinate” , il monologo con cui l’attore romano tocca le corde più profonde dell’anima, rispolverando i gravi fatti della Ciociaria del ’44.
“Un’altra di quelle storie che, se non sei di quelle parti, non la conosci. Successa in una terra che, se non hai parenti o amici, non ci vai”. Una storia sconosciuta accaduta in una terra sconosciuta, la Ciociaria. Con la sua intensa interpretazione Vincenti traccia un racconto accurato e dettagliato, coniugando emozioni e riflessioni profonde su questa macchia nera della Storia.

Ariele Vincenti in scena nel ruolo di Angelino (Ph. M.De Donato)
Lo spunto è l’intervista che Enzo, un giornalista del settimanale Epoca, impegnato a scrivere un resoconto sulla liberazione dai nazifascisti, vuole fare a distanza di anni dall’accaduto ad un testimone oculare come Angelino. Il pastore rievoca – a tratti con voce commossa, a tratti con toni veementi – la vita semplice e faticosa condotta in quei luoghi, prima, durante e dopo essere stata sconvolta dagli atroci eventi. Parla dell’inferno vissuto a causa delle “bestie con gli occhi rossi” , ma anche dell’atto di altruismo compiuto da una prostituta che, salita sulla motocicletta del postino, compie il giro del paese per avvisare di nascondersi dalle truppe marocchine. Enzo, il “professore”, come lo chiama Angelino, non è presente in scena, ma in un momento dello spettacolo una voce registrata fa capire che Enzo Biagi, in una sua inchiesta dei primi anni ’50, ha riportato proprio questo gesto in particolare.
Con una narrazione fluida Angelino/Vincenti ricorda le date più cruciali dei bombardamenti, delle razzie e anche di importanti eventi successivi, come il 7 aprile 1952, quando l’onorevole Maria Maddalena Rossi introdusse per la prima volta la questione delle « Marocchinate » all’interno di un’aula parlamentare, raccontando che 60.000 donne a suo tempo avevano presentato domande in qualità di vittime civili della guerra, motivate da violenze e danni di vario tipo. 500 contadine, da queste delegate, il 14 ottobre 1951 avevano partecipato al convegno di Pontecorvo per parlare di fronte a tutti, non senza imbarazzo, della loro mostruosa disgrazia. Non volevano essere dimenticate, dalle istituzioni e dalla storia, ma purtroppo così non è stato per molti decenni.

Per scrivere, a quattro mani con Simone Cristicchi, questo testo di riscoperta della memoria storica e di denuncia contro l’insensatezza di ogni violenza, Ariele Vincenti ha compiuto un lungo periodo di ricerche con l’obiettivo di non far dimenticare le migliaia di donne vittime di quelle atrocità e di far assurgere la loro storia a Storia di tutti.
Accolto con parole di elogio anche dalla critica fin dal suo debutto nel 2016 (“Un ottimo testo e un ottimo attore” – F. De Sanctis su L’Unità 28/10/2016) lo spettacolo “Marocchinate” è stato riproposto nel corso degli anni riscuotendo sempre il consenso del pubblico, magistralmente introdotto dall’artista nell’ombra cupa della guerra, ma anche nei sogni di due giovani semplici come Angelino e Silvina, che desiderava raggiungere i parenti in Canada e fare il bagno nell’oceano.
Le dimensioni raccolte della Sala Toni Ucci (gestita con passione da Giorgio, Marina, Paola e Pietro dell’Ass. Culturale Il tempo diverso) agevolano l’instaurarsi di un legame tra gli spettatori poco distanti dal palco e l’attore, che con pochi oggetti di scena (due sedie, un bastone da pastore, una sigaretta, una pera), ma con un’attenta gestualità ed espressività ha caricato di significato ogni parola. Vincenti è un fautore del teatro popolare e al contempo colto; un appassionato delle vicende umane racchiuse nella Storia ufficiale e, come tale, ha al suo attivo progetti teatrali come questo, in cui con un’ottima capacità di sintesi racconta e rende tangibili eventi storici non conosciuti o non riportati con la giusta obiettività.
Margherita De Donato

Prossimi spettacoli in cartellone alla Sala Toni Ucci – Prenotazioni 333 851 6165
Un luogo piccolo, creato da Cuori grandi,
dove recitano Cuori altrettanto grandi.

Ingresso della Sala Toni Ucci in Corso della Repubblica 74, Castel Gandolfo – salatoniuccicastelgandolfo@gmail.com
Foto di Margherita De Donato